Il Consiglio di Stato sezione III, con la sentenza del 24 febbraio 2025, n. 1596 si è pronunciata, come si apprende dalle massime diffuse dagli organi di giustizia amministrativa, affermando come nel contesto del processo storico di emersione degli interessi legittimi che ha visto ampliarsi la sfera di posizioni soggettive nei confronti della pubblica amministrazione riconosciute dall’ordinamento, la class action pubblica, prevista dall’ art. 1 del decreto legislativo n. 20 dicembre 2009, n. 198, deve considerarsi come “a legittimazione diffusa”, essendo la posizione giuridica legittimante costituita da un “interesse diffuso” comune al gruppo di utenti di una determinata attività amministrativa. In tale contesto è riconoscibile, ex art. 1, comma 4, anche la legittimazione delle associazioni o dei comitati, fondata sul duplice presupposto della finalità dell’azione alla “tutela degli interessi dei propri associati” e della appartenenza di questi ultimi ad una “pluralità di utenti e consumatori” titolari di interessi “giuridicamente rilevanti ed omogenei” ai quali, ai sensi del comma 1, sia derivata “una lesione diretta, concreta ed attuale…dalla violazione di termini”. La conferma della natura collettiva del rimedio si trae dalle norme di favor tese a consentire l’intervento in giudizio ai soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente (art. 1, commi 2 e 3). (1).
La class action pubblica, specifica ancora il giudice amministrativo così come suffragato dai precedenti segnalati in nota, è rimedio preordinato non tanto a superare l’inerzia dell’amministrazione rispetto alla singola pratica, quanto piuttosto ad accertare (e a correggere) eventuali disfunzioni strutturali nell’organizzazione relativa alla complessiva gestione di un’attività amministrativa. La diversa finalizzazione dell’azione (collettiva) de qua alla correzione di una situazione patologica afferente alla “funzione” (e, quindi, alla pluralità dei procedimenti amministrativi di cui essa costituisce espressione) rispetto all’azione (individuale) di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., avente ad oggetto una specifica inerzia procedimentale, porta a ritenere che la fattispecie legittimante la proposizione la class action non vada commisurata, al numero dei ricorrenti (persone fisiche), ma all’oggettiva entità della situazione di inefficienza che la suddetta azione è destinata a correggere, tale da incidere sugli “interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei” afferenti ad una “pluralità di utenti e consumatori”. (2).
(1) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 20 settembre 2024, n. 7704, sez. V, 22 maggio 2023, n. 5031; Cass. civ., sez. un., ord. 30 settembre 2015, n. 19453.
(2) Conformi: In senso analogo T.a.r. per il Lazio, sez. IIquater, 26 febbraio 2014, n. 2257, secondo cui la domanda de qua non è tesa ad ottenere la tempestiva conclusione di un procedimento, bensì è volta ad ottenere che d’ora in poi l’amministrazione ponga fine al comportamento costantemente violativo delle regole imposte dall’ordinamento sul rispetto dei termini procedimentali, pretendendosi dal giudice amministrativo l’emanazione di un provvedimento giudiziale particolarmente penetrante e complesso nella sua attuazione da parte dell’ente. Sulla differenza fra class action pubblica e azione di classe prevista dal codice del consumo: Cass. civ., sez. un., ord. 30 settembre 2015, n. 19453 secondo cui la “class action pubblica” prevista dal d.lgs. n. 198 del 2009 è funzionale al conseguimento di un risultato che giovi, indistintamente, a tutti i contitolari dell’interesse diffuso al ripristino del corretto svolgimento della funzione amministrativa ovvero della corretta erogazione del servizio, mentre l’azione di classe prevista dal codice del consumo postula l’esercizio di un diritto individuale, oggetto di trasposizione in capo a ciascun titolare singolarmente identificato, sicché appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda risarcitoria svolta, a norma dell’art. 140-bis del d.lgs. n. 206 del 2005, dall’utente di un servizio pubblico nei confronti del soggetto privato assunto come inadempiente in relazione al corrispondente contratto (nella specie, di trasporto pubblico) attuativo del servizio.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it